E se cambio idea? (motivazioni & obiettivi, episodio 9)

Grazie per avermi portato l’artefatto come d’accordo, miss Croft. Ora non mi resta che usarlo per… conquistare il mondo! Muahahahahah!

Può succedere. In certe campagne, succede più spesso di quanto ci piace ammettere. L’obiettivo che i PG con fatica hanno appena raggiunto, o stanno per raggiungere, si rivela diverso da quello che credevano. A tal punto che non lo vogliono più.

In questa serie su motivazioni e obiettivi (M&O) ho raccomandato di stabilire ed esplicitare l’obiettivo di un’avventura, o di una campagna, sin dall’inizio del gioco. Si potrebbe quindi pensare che sia qualcosa di fisso, inamovibile. Ma non è così. Vediamo come si fa a cambiare obiettivo in corso d’opera.

Ricapitoliamo

Per come è inteso in questo blog, un obiettivo è qualcosa di concreto e circoscritto che i PG vogliono ottenere, ma non è garantito che ottengano; ed è qualcosa che i giocatori, come parte del loro ruolo nel gioco, cercano far ottenere ai PG.

Ogni avventura ruota attorno a un obiettivo principale. Una campagna lo stesso, e può averne più d’uno. In entrambi i casi ci si possono affiancare degli obiettivi secondari.

Questo “stile di gioco ad obiettivi” (come l’ho chiamato nello scorso episodio) prevede di dichiararli in modo esplicito non appena vengono scelti.

Può essere il Diemme a proporli ai giocatori: è quello che accade se si gioca un “modulo” già scritto (da lui o da altri), che presuppone già un obiettivo. Ma possono essere anche i giocatori a proporli al Diemme: è quello che accade in molte giocate “a scatola di sabbia”. Da chiunque venga la proposta, l’importante è che se ne parli chiaramente.

Perché questo? Per conciliare due cose che sono entrambe necessarie, cioè la preparazione del Diemme (che in giochi come D&D può essere un po’ onerosa – e comunque non è zero) e l’autonomia decisionale dei giocatori.

Ricordo un Diemme che, su un gruppo online, raccontava di essersi presentato alla prima sessione con 2 diverse avventure già stampate, contando che i PG ne avrebbero accettata una… ma le avevano scartate entrambe e si era trovato impreparato, con un sacco di carta sprecata. Su Instagram, di recente, mi sono imbattuto in un reel con musichetta tragica e faccia disperata; didascalia: “i tuoi giocatori hanno scelto di non entrare in un dungeon che hai impiegato ore a preparare”. Per ironica combinazione, il giorno dopo ne ho trovato un altro dal punto di vista del giocatore, con: “quando incontri il villain ma tu volevi solo cazzeggiare in taverna”.

Basterebbe parlarne. Se (da Diemme) so che esplorare un certo dungeon non ti interessa, non sto a definirne la mappa e i dettagli. E, viceversa, se (da giocatore) so che vuoi masterare un viaggio in cui i PG scortano una carovana nel deserto, creerò un PG motivato a scortare quella carovana (e magari non un marinaio o un campione di nuoto).

Molti Diemme, invece, tentano di aggirare il problema con metodi impliciti, per esempio sfruttando la backstory dei PG per cercare di prevedere come si comporteranno e/o “collegarli” in qualche modo alla “trama”. Nei precedenti episodi ho discusso ampiamente le ragioni per cui non è per niente funzionale fare così.

Il chiarimento esplicito sull’obiettivo serve ad allineare le aspettative di tutti (Diemme e giocatori) sulla domanda: che cosa giochiamo? Riferendo la risposta a qualcosa di chiaro e oggettivo (non a cose astratte e fumose come “temi”, “tono” eccetera).

È un patto sociale che impegna tutti alla pari, come ho spiegato nella seconda parte dell’episodio 6.

Nota. Come ho precisato lì, ci tengo a ripetere che è un patto sulle premesse del gioco (= cosa stiamo giocando), non sugli esiti (= cosa deve succedere).

Si può sempre cambiare

Nessun patto deve diventare una gabbia: se ne può sempre riparlare, se si vuole. Anzi, quando un patto è esplicito è molto più facile rimetterlo in discussione (in maniera, di nuovo, esplicita) quando è necessario.

I giocatori potrebbero realizzare, a un certo punto, che non sono più interessati all’obiettivo dichiarato all’inizio: i loro PG non vogliono più ottenere quella cosa, bensì un’altra. Ma può anche essere il Diemme che, per qualche motivo, vorrebbe cambiare (per esempio, se si accorge il modulo che ha portato non gli piace).

Come si cambia?

Quel “bensì un’altra” è fondamentale: un obiettivo ci vuole (a meno che non vogliamo che i PG appendano la spada al chiodo per ritirarsi a vita privata). È un’ottima occasione di chiarimento: che cosa vogliono i PG, adesso? Per cosa sono disposti ad affrontare rischi avventurosi?

Una volta capito questo, il nuovo obiettivo prende il posto del precedente; il nuovo compito dei giocatori sarà cercare di farlo raggiungere ai PG, il nuovo compito del Diemme sarà interporre difficoltà avventurose pertinenti a quello, e così via.

Qual è il prezzo?

Cambiare obiettivo ha gli stessi requisiti, e richiede lo stesso consenso comune (dei giocatori e del Diemme), rispetto a impostarlo la prima volta.

Se stiamo giocando un modulo già scritto (dal Diemme stesso o da qualche autore terzo), potrebbe non essere compatibile con il nuovo obiettivo, richiedendo del lavoro extra di preparazione per proseguire il gioco (modificandolo, o cambiando proprio modulo). In tal caso il Diemme dovrebbe dirlo, e dire se è disposto a sobbarcarsi questo impegno. Se non lo è, bisogna trovare un’altra soluzione.

Sconsiglio decisamente, invece, di ricorrere a escamotage dietro le quinte per “ricondurre” i giocatori sul “percorso” del modulo senza che se ne accorgano! Semmai, è più sano proporlo (al solito) in modo esplicito: “che ne dite se cambiamo questa e quest’altra cosa, in modo che il modulo possa continuare e siamo tutti contenti?”.

Qualche caso specifico

Qualche caso comune può aiutarci a riflettere su come rendere più agevole la gestione del cambio di obiettivo.

Twist, twist, twist!

Ammettiamolo: il “colpo di scena” in cui il quest giver, o comunque un importante PNG alleato, si rivela “il cattivo” è così comune da essere un cliché. L’ho usato anch’io, qualche volta; in passato magari l’ho usato male, ora lo userei meglio. Non credo che sia una buona idea programmare, in modo rigido, un plot twist (perché non credo sia una buona idea avere alcun plot: siamo Diemme, non sceneggiatori). Ma è del tutto lecito uno scenario in cui una figura apparentemente benevola ha dei segreti, degli scheletri nell’armadio, delle intenzioni losche che tiene nascoste. Ne ho parlato per esempio in: Indagine su un insospettabile (domanda di Michele).

Più in generale: ovunque la scoperta di nuove informazioni faccia parte del gioco (anche in modo minoritario) può succedere che i giocatori, a un certo punto, si rendano conto che le cose non stanno come credevano. E, alla luce di queste nuove informazioni, rivalutino la loro volontà di perseguire un certo obiettivo.

Ora, chi prepara il modulo generalmente sa quali sono le informazioni nascoste più “pesanti” che è possibile scoprire. Il fatto che il quest giver abbia cattive intenzioni, per esempio. Riflettendoci, con il buonsenso, dovrebbe essere possibile arrivare quantomeno preparati all’eventualità che una di queste informazioni spiazzi i giocatori e porti a un cambio di obiettivo. Non dico che sia sempre possibile prevederlo, questo no. Ma è un inizio.

Formularlo bene

Non è detto che un nuovo fatto, o una nuova informazione, renda necessario rinegoziare gli obiettivi. La domanda da farsi è: il Diemme si aspetta (la sua preparazione / il modulo richiede) che i PG si comportino in un (nuovo) dato modo, nei confronti di quella novità, oppure no?

In molti casi, un obiettivo formulato bene (cioè: pensando davvero ai requisiti minimi perché il modulo funzioni, senza sovra-specificare dettagli) è in grado di “sopravvivere” anche alle novità più sconvolgenti.

Un principe scomparso

Una mia vecchia, lunga campagna, a cui sono molto affezionato e di cui ho parlato in altri articoli, ruotava attorno a due obiettivi principali:

  • Trovare il modo di rimandare nel loro tempo alcuni PG che provenivano dal futuro.
  • Proteggere il reame di Vanyria.

Entrambi erano stati chiariti esplicitamente ai giocatori dall’inizio. La prima avventura aveva un obiettivo specifico, anch’esso molto chiaro:

  • Ritrovare il principe ereditario di Vanyria.

Era collegato indirettamente agli altri due. Si pensava che il principe fosse stato rapito, e l’evento era menzionato su una pergamena che i due PG venuti dal futuro, appena apparsi (e con parziale amnesia), avevano su di sé. Inoltre, poteva ovviamente essere il segno di nemici del reame all’opera.

Il re chiedeva aiuto. I giocatori erano perfettamente allineati nel portare a termine l’impresa. E io ero preparato: avevo appunti con tutto lo scenario, l’ubicazione del principe, i PNG, gli indizi, i retroscena.

Dopo una serie di peripezie, i PG hanno scoperto che il principe non era stato rapito: era fuggito, inscenando lui stesso il proprio rapimento, per andare a vivere con il suo amante elfo nella nazione vicina; non sopportava più la vita di corte e non si sentiva adatto a governare.

Lì si è aperto un mare di scelte possibili. Che fare? Dare la precedenza agli ordini, e alla stabilità del regno, e riportare quindi indietro il giovane volente o nolente? Oppure dargli ragione e aiutarlo? O, ancora, reputarlo davvero inadatto a governare e concludere se è meglio se non si fa più vedere? E, in questi ultimi casi, cosa dire al re? Una bugia a fin di bene, o la verità?

Ebbene, questo bellissimo dilemma non ha messo in crisi la mia preparazione: qualunque fosse la decisione dei giocatori, a me sarebbe andata bene. L’obiettivo era trovare il principe, non riportarlo indietro. Di fatto, era già raggiunto: i dettagli sul come, e sul cosa fare dopo, erano del tutto aperti, com’è normale che sia.

Un inferno a sorpresa

Nell’episodio 7 abbiamo visto un altro esempio simile: una campagna in cui il Diemme, sin dall’inizio, aveva previsto che a un certo punto (durante una guerra tra il Buon Regno e il Regno Nemico) ci fosse il “colpo di scena” di un’invasione infernale senza preavviso.

Forse ricorderete il mio consiglio: formulare l’obiettivo come “proteggere il Buon Regno”.

Se all’inizio diciamo ai giocatori che l’obiettivo dei PG nel nostro modulo è “respingere le armate del Regno Nemico”, ma in realtà, dentro di noi, sappiamo bene che dopo il cataclisma ci aspettiamo che la loro priorità diventi “combattere i diavoli e richiudere le porte degli Inferi” (perché il modulo richiede che facciano questo… e non, che so, che approfittino della situazione per radere al suolo il Regno Nemico magari alleandosi proprio coi diavoli!), saremo costretti, a un certo punto, a fermare il gioco, presentare il nuovo obiettivo e rinegoziarlo.

Ma questa è solo la spia che quello che abbiamo detto all’inizio non è davvero un requisito essenziale per la campagna (tant’è vero che a un certo punto lo si può abbandonare!). Una formulazione più accorta, come quella che ho proposto io, chiarisce quali sono le vere aspettative del Diemme senza “spoilerare” nulla e mantenendo piena validità sia prima che dopo il cataclisma.

Motivazioni come campanelli d’allarme

Una motivazione è un desiderio astratto e generico che spinge un PG ad agire. Spesso costituisce la ragione che lo porta a perseguire un obiettivo.

In teoria questa serie è su “motivazioni e obiettivi” ma delle prime ho parlato molto poco, rispetto ai secondi. Vi sarete chiesti perché.

Bisogna ammettere che le motivazioni, secondo me, sono meno importanti: fintanto che i PG perseguono lo stesso obiettivo possono anche avere motivazioni diverse, magari raffazzonate o inventate al volo, e il gioco sta in piedi lo stesso.

Ma non sono del tutto inutili: in effetti, la loro principale funzione è chiarire alle altre persone al tavolo (giocatori e Diemme) a quali condizioni si accetta un obiettivo. Se dico che il mio PG vuole riportare alla luce l’antico Libro delle Leggi (obiettivo) per garantire l’incolumità e l’onore della sua famiglia (motivazione), è chiaro a tutti che, se a un certo punto saltasse fuori che il Libro non ha alcuna utilità in tal senso ma, anzi, condannerebbe la sua famiglia a morte, il PG sarebbe pronto a cambiare obiettivo.

Di nuovo, è una forma di comunicazione esplicita. Non garantisce al cento per cento che non ci saranno intoppi (niente può garantirlo), ma allerta le altre persone e richiama la loro attenzione su quello che potrebbe essere determinante.

Nota a margine: cambio di idea e PE

Se nel vostro gioco associate un certo ammontare di Punti Esperienza al raggiungimento di obiettivi (cosa che ho iniziato a fare estensivamente nella mia campagna open table, per esempio), che cosa succede se a metà strada i giocatori cambiano idea e ne abbandonano uno?

In teoria la risposta è semplice: niente obiettivo, niente PE. A qualcuno, però, potrebbe sembrare “punitiva” o quantomeno lesiva della libertà dei giocatori. Certo, hanno scelto loro, liberamente, di perseguire quell’obiettivo, ma altrettanto liberamente hanno deciso di lasciarlo. Che i PE incentivino la prima decisione e disincentivino la seconda è abbastanza chiaro; non è detto che sia un male: dipende se è quello che vogliamo oppure no.

In generale i PE sono ricompense al pari del tesoro: se abbandoni il dungeon prima di aver trovato la stanza del tesoro non lo intaschi, e nessuno si scandalizza per questo. Certi obiettivi, però, rispetto al tesoro, hanno anche altre connotazioni: morali, per esempio (quando implicano di schierarsi con questa o quella fazione).

Ci sono due modi semplici per mitigare il problema.

Primo, si può concordare coi giocatori una revisione dell’obiettivo: anziché abbandonarlo, lo si formula in modo diverso. Se la difficoltà di raggiungimento è grossomodo la stessa non dovrebbero esserci problemi.

Secondo: se i PG sono sul punto di realizzare un obiettivo, cioè hanno tutte le carte in regola e le condizioni per farlo (inclusi tempo, luogo eccetera), ma all’ultimo istante prendono una decisione diversa senza che vada direttamente a loro vantaggio, i PE sono guadagnati comunque.

Esempio: una congrega di streghe ha chiesto di recuperare un cristallo magico, offrendo in cambio 200 monete d’oro in pozioni; la quest vale 50 PE. Se i PG non trovano il cristallo, o lo trovano ma lo tengono per sé per fabbricarci un potente oggetto magico, non ottengono quei PE (né la ricompensa, ovviamente). Mettiamo che invece scoprano che il cristallo sarà usato per fini malefici e vogliano impedirlo: lo trovano, vanno fino in fondo, si presentano all’appuntamento con le streghe, ma davanti ai loro sguardi inorriditi lo frantumano con un gesto di sfida; ecco, secondo me si sono pienamente meritati i 50 PE.

11 pensieri riguardo “E se cambio idea? (motivazioni & obiettivi, episodio 9)

  1. La cosa più difficile di definire un obbiettivo, secondo me, è che spesso si è portati a pensare a “ciò che accade a breve”: evitare l’invasione del Regno Nemico (quando poi arriveranno i Demoni), riportare indietro il principe scomparso (quando lo dovevano solo trovare), dare la caccia alla strega (quando poi la strega non c’è), ecc. e quindi ci si incarta quando poi si scopre che l’obbiettivo era falso ed era invece un altro. È una cosa che ho visto capitare spesso (ed a volte anch’io, che uso questo approccio che reputo migliore, sbaglio) solo che, come disse qualcuno, lo spettacol… pardon, il gioco deve andare avanti e quindi inziano i casini…

    Ciao 🙂

    1. Vero, credo dipenda dal fatto che, come dm, quando creiamo un’avventura tendiamo a “sceneggiarla”, anche perché è un modo che accende interesse e fantasia, specie agli inizi.
      Poi con l’esperienza si cambia approcio 😁

  2. L’esempio delle streghe e del cristallo mi lascia perplesso: le streghe (quest giver) chiedono di portare loro il cristallo, ma l’obbiettivo non dovrebbe essere, semplicemnte, “recuperare il cristallo”?
    Ai fini dell’avventura quel che conta è quello. Il cristallo poi andrà perso in ogni caso (consegnato, venduto, usato, abbandonato nello zaino) e il suo destino non è rilevante ai finindell’avventura. Una volta ottenuto l’avventura è stata giocata indipendentemente dalla conclusione che sceglieranno i pg, quindi i PE andrebbero assegnati in ogni caso. La ricompensa materiale dipenderà invece da cosa sceglieranno di fare col suddetto cristallo.
    Caso diverso se, a metà dungeon decidessero che il cristallo li ha stufati e si mettono sulle tracce del drago che depone vuova di rubino: niente PE per il cristallo e prenderanno quelle per l’uovo di rubino, se andranno fino in fondo sta volta.
    Ci terrei a chiarire la cosa, se non ti spiace, perché l’esempio delle streghe sembra l’opposto di come hai gestito (e consigliato di gestire) l’avventura del principe 😁
    Saluti!

    1. Ciao! Grazie del commento, scusa se l’esempio non era chiaro. Ci ho riflettuto poco. Forse me ne verrà in mente uno migliore (anzi, se hai suggerimenti sono ben accetti).

      Hai ragione che, proprio nell’ottica di curare bene la formulazione dell’obiettivo (come ho raccomandato), la cosa migliore sarebbe formularlo come “recuperare il cristallo”. Se possibile, è la soluzione migliore.

      A volte però accade che la missione preveda di portare una certa cosa a qualcuno. Dipende anche dalla quantità di tribolazioni che questo comporta. Se la “parte avventurosa” è trovare la cosa, mentre consegnarla è una questione da nulla, tanto vale limitare l’obiettivo a quello, ma talvolta la parte più avventurosa potrebbe essere proprio la consegna.

      Una volta, tempo fa, ho condotto un’avventura il cui obiettivo era trasportare una cassa (contenente, in segreto, un uovo di drago) a un nobile che viveva lontano.

      Di recente, i miei PG hanno preso prigionieri due goblin. Un mago aveva offerto una ricompensa a chi gli consegnasse un goblin vivo, ma vive nella giungla, e varie fazioni sono pronte a intervenire nel caso qualcuno provasse a raggiungerlo. Erano due obiettivi separati: uno era trovare i goblin (e quello è completato), l’altro consegnare un goblin al mago. I PG hanno provato a realizzare anche quest’ultimo, ma dopo il primo pericolo hanno cambiato idea e rinunciato. Erano però dubbiosi su cosa intendesse fare, esattamente, il mago con quel goblin vivo. Ecco, se avessero superato tutto il viaggio, ma poi parlando col mago si fossero convinti che consegnargli il goblin non era una buona idea, la missione per me sarebbe stata completata lo stesso.

      E qui mi dirai: bastava formulare l’obiettivo dall’inizio come “portare il goblin fino alla residenza del mago”.
      Non hai tutti i torti. Forse potrei togliere direttamente quella parte dall’articolo…

      1. Grazie per la spiegazione, adesso è chiaro.
        Con l’esempio del goblin ci siamo perfettamente capiti e infatti hai anticipato la risposta 😆
        Esempi a parte, per mettere bene a fuoco la questione, direi che il tesoro (inteso come ricompensa nel gioco) dovrebbe essere legata ad aspetti interni alla narrazione, i pe dovrebbero essere una ricompensa metanarrativa legata al completamento o meno dell’obbiettivo esplicitato inizialmente.
        Se non mi sono spiegato bene dimmelo che ci tengo! 😊

        Come nota a parte aggiungo premiare la missione riuscita coi pe contravviene un po’ alla saggezza popolare per cui si impara dagli errori: un’alternativa potrebbe essere pe pieni se l’obbiettivo è raggiunto, metà pe se, nonostante i loro migliori sforzi falliscono, nessuno se abbandonano volontariamente l’obbiettivo.

        1. Può essere un’alternativa valida. Diciamo che dal mio punto di vista i PE non sono una misura di quello che “impari” (in questo senso il termine “esperienza” è fuorviante), sono una misura di quanto superi certe imprese e quindi di quanto “meriti” di passare a una gradazione di imprese superiore.

  3. Ciao Lorenzo,

    Penso fondamentalmente ogni gioco di ruolo all’atto pratico sia fatto fondamentalmente dell’atto di ascoltarsi e reintegrare quello che hanno detto gli altri, dal più tradizionale a quello uscito ieri.

    Mi piace l’attenzione che poni all’impostazione dell’obiettivo come premessa iniziale della campagna. E credo anche sia importante in qualunque sessione di ruolo rivedere la propria prospettiva in base alle nuove informazioni che si ricevono, e al risultato del giocare con gli altri. Si possono scoprire cose nuove e decidere che i propri obiettivi sono diversi, anche momento per momento.

    La critica che faccio è che questo obiettivo impostato all’inizio della campagna non dovrebbe essere niente di più che un punto di partenza, per partire proiettati nella stessa direzione, e non qualcosa che obbliga le persone a fare scelte particolari in gioco.

    Questo aggiornamento degli obiettivi non dovrebbe essere niente di speciale. Penso che alla fine di ogni sessione una domanda del tipo: “State ancora seguendo lo stesso obiettivo, o avete cambiato?” sia una cosa normale. Se state facendo una campagna in gruppo (come tante di D&D) è anche legittimo che se un giocatore a un certo punto scopra che il suo personaggio non è più interessato a seguire il resto del gruppo, esca naturalmente di scena, magari diventando un PNG.

    1. Ciao, grazie di essere qui! 🙂

      Hai ragione, l’obiettivo si può cambiare e non è niente di speciale o drammatico. Solo che questo cambio potrebbe portarci a dover rivedere o abbandonare parte della preparazione (sto parlando di giochi in cui questa preparazione può essere un po’ onoerosa), oppure a dover rivedere o abbandonare qualche PG (come nel tuo esempio in cui diventa un PNG). Si tratta di capire se quel piccolo prezzo da pagare è per noi accettabile in quella circostanza. In genere lo sarà.

      1. Quando giocavo a D&D 4E, avevo un setup abbastanza elaborato con il portatile e i tool digitali. Mi permetteva di costruire incontri dinamicamente pescando da un database. reskinnando le stat dei mostri in base al contesto.

        Quello che voglio dire non è che serve necessariamente un computer, ma che ci sono metodologie che permettono di fare una preparazione che alla pratica possa risultare in una prontezza reattiva e non di rimanere incastrati su quello che si è previsto succederà.

        Chiaramente, i PNG importanti devono essere stattati. Ma se uno nuovo appare in una sessione, pescare uno statblock dal manuale dei mostri, o da una lista di PNG pregenerata, o semplicemente fare una decisione al momento sul valore delle sue abilità rilevanti, dovrebbe bastare per permettere la sessione di continuare fino alla fine.

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