Interpersonale, 1 a 0 (guida all’interpretazione, parte 5)

Una scena classica di D&D è quella in cui i PG devono trattare con qualcuno (un PNG, talvolta un mostro intelligente) per ottenere qualcosa: uno sconto, un favore, una decisione, un accordo, o semplicemente l’aver salva la vita. È una delle situazioni in cui è più facile che si crei confusione tra giocatore e personaggio. Ideale, quindi, per questa serie di articoli sull’interpretazione di ruolo.

Diemme A: “Io non faccio tirare dadi in questi casi. Siamo qui per un gioco di ruolo e il giocatore deve ruolare! Interpreto l’interlocutore e faccio parlare i giocatori: se mi convincono, bene, altrimenti nisba.

Diemme B: “Deve contare il personaggio, non il giocatore. Per questo mi baso solo sui tiri di dado. Se facessi contare ciò che dicono i giocatori finirei per discriminare quelli timidi o con meno abilità oratoria, anche se hanno speso risorse per acquistare le abilità sociali, mentre quello con +0 a Diplomazia/Persuasione del PG ma bravissimo a parlare sarebbe avvantaggiato ingiustamente.

Chi ha ragione?

Entrambi, o meglio, nessuno dei due.

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Ci vuole un genio? (guida all’interpretazione, parte 4)

Un gruppo di PG di D&D è alle prese con un enigma: una combinazione di leve da tirare, non riguarda la storia precedente. Il giocatore Pino interpreta l’orco Glog, con Int 6 e Sag 9. Ma Pino ha capito la soluzione dell’enigma. Cosa dovrebbe fare?

Ripartiamo da qui per rilanciare questa mia serie sull’interpretazione del personaggio. Da qui, e da un sondaggio che ho fatto su questo argomento; dove anche il grande Nicola de Gobbis ha sbagliato qualche risposta 🤭 (*).

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Come ruoliamo? (guida all’interpretazione, parte 0.2: il ret-con)

Eccoci alla seconda parte di questo ret-con della mia serie sull’interpretazione del PG. (Qui trovate la prima parte: se ve la siete persa, recuperatela prima di proseguire).

Quali che siano i motivi che mi portano al tavolo, e le cose che mi aspetto dal gioco, resta un nodo fondamentale da sciogliere: la mia parte in tutto ciò. È questa, in fondo, la differenza fondamentale tra un GdR e altre forme di intrattenimento (film, libri…) che finora ho usato come termine di paragone: in un GdR chi gioca è parte attiva, molto attiva.

Di nuovo, affronterò il tema parlando di me nelle vesti di giocatore. Una volta che si comincia a giocare, quali strumenti mi aspetto di avere per influenzare il gioco, e cosa cercherò di ottenere quando li uso?

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Perché ruoliamo? (guida all’interpretazione, parte 0.1: il ret-con)

Come vi ho detto, in questo periodo sto guardando indietro con occhio critico a ciò che ho scritto su questo blog. Manca senz’altro una solida definizione del contesto. Rileggendo questa serie sull’interpretazione del PG mi sono reso conto che qui il problema incide particolarmente, ma anche che questo è il punto di partenza ideale per delinare quel contesto.

Farò quindi un balzo indietro, una premessa che avrei dovuto fare prima ancora di iniziare questa serie (una sorta di ret-con, insomma). E dovrò fare due cose eccezionali.

Primo, dovrò scrivere di un argomento teorico e controverso, proprio quel genere di argomenti da cui qualcuno mi ha consigliato di astenermi il più possibile.

Secondo, dovrò scrivere, per una volta, in dei panni diversi: quelli del giocatore.

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Renza & Co. (guida all’interpretazione, parte 3)

Questa serie di articoli sull’interpretazione del personaggio sta piacendo molto, e ne sono contento! Nella scorsa puntata, che era il cuore di tutto, abbiamo visto come funziona davvero il meccanismo del “ruolare”. Ma ci siamo lasciati con una domanda: evitare di aderire a una personalità definita a priori (carattere, modo di fare, storia passata, allineamento…) non rischia di farci interpretare personaggi scialbi, anonimi o incoerenti?

Ebbene, cos’è davvero la coerenza? Quand’è che la riconosciamo in una persona, o un personaggio una storia? E noi, tutti noi, quando e perché siamo coerenti?

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Psicosofia del ruolare (guida all’interpretazione, parte 2)

Nella parte precedente di questa nuova serie, oltre a fare un po’ di necessaria polemica, abbiamo iniziato ad esplorare la questione dell’interpretazione dei personaggi.

Quello di oggi è l’episodio più teorico: che cosa intendiamo, nel mio D&D, quando diciamo interpretare? Se ne può parlare senza tirare in ballo, a sproposito, la recitazione teatrale e simili? Sì, e lo vedremo insieme. Alla fine vedremo anche i principali equivoci nocivi, ma purtroppo comuni, da cui conviene stare alla larga.

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Bando al recitazionismo (guida all’interpretazione, parte 1)

Uno spettro si aggira per D&D. Indossa una gorgiera e tiene in mano un teschio, ama i paroloni difficili e tende l’orecchio per gli applausi, mentre scruta il prossimo dall’alto del suo piedistallo.

Non è frequente vedermi scrivere un rant, vale a dire un’invettiva, su questo blog. Ma quando ci vuole, ci vuole. Alcuni episodi mi hanno fatto saltare la mosca al naso, ma ho voluto meditare e raccogliere le idee prima di scrivere quello che penso.

Questo articolo aprirà una nuova serie, meno organizzata e meno pratica delle altre, che spazierà su vari argomenti collegati a un pilastro principale: cosa vuol dire, veramente, interpretare un personaggio? Ve lo siete mai chiesti?

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