Chi siamo? Dove andiamo? (motivazioni & obiettivi, episodio 6)

Molte avventure e campagne di D&D (la stragrande maggioranza, secondo me) ruotano intorno a un obiettivo (o più d’uno). Raggiungibile, spero bene, in un’infinità di modi diversi. E non per forza scelto dal Diemme.

Nell’episodio 4 di questa serie vi ho mostrato, con gli esempi di Emma e Gustavo, come la scelta di esplicitare l’obiettivo anziché mantenerlo implicito porti a una gestione radicalmente diversa della giocata. E nell’episodio 5 ho criticato in profondità le debolezze del metodo implicito, che purtroppo mi pare sia il più usato.

Oggi vorrei chiudere il cerchio mostrandovi i pregi del metodo esplicito, in particolare uno che secondo me è il principale ma finora è rimasto nascosto in secondo piano.

Di che stiamo parlando

Se non avete seguito gli episodi precedenti vi conviene davvero recuperarli, prima di proseguire la lettura, o la comprensione sarà difficoltosa. Comunque, in questa serie parlo di motivazioni e obiettivi (M&O, nel seguito), in questa accezione:

  • Una motivazione è un desiderio, astratto e/o generico, di un PG che lo spinge ad agire.
  • Un obiettivo è qualcosa di concreto e circoscritto che i PG (uno o più di loro) vogliono ottenere, ma non è garantito che ottengano. Non solo: è qualcosa che i giocatori, come parte del proprio ruolo nel gioco, cercano far ottenere a quei PG.

E parlo di come queste cose possano essere decise comunicate al tavolo, prima della giocata e durante.

Prima l’ovvio

Naturalmente tra i pregi della comunicazione esplicita su M&O ci sono innanzitutto quelli ovvi, cioè l’antitesi dei difetti di quella implicita, che abbiamo visto nell’episodio scorso. Li ricapitolo velocemente.

  • Fa chiarezza. I concetti da comunicare sono gli stessi, ma il metodo esplicito è chiaro e diretto, mentre quello implicito aumenta molto il rischio di non capirsi, specialmente tra persone che non si conoscono.
  • Incoraggia la discussione aperta. Un obiettivo dichiarato esplicitamente può essere discusso esplicitamente, se a qualcuno non va (o non va più) a genio; si dà il buon esempio invitando i giocatori a parlare anche loro apertamente.
  • Rende visibili i confini. Nessun giocatore si troverà a esitare, prima di fare qualcosa, chiedendosi se “manderebbe all’aria” la preparazione del Diemme: le premesse su cui essa si fonda (e quindi i suoi limiti di validità) sono dichiarati, non restano dubbi.
  • Libera dal fardello delle backstory. Gino vuole scrivere una lunga backstory per il suo PG? Faccia pure. Lina vuole scrivere solo due righe, o addirittura presentarsi con solo il nome e la scheda? Faccia pure. Il Diemme non sarà costretto a fare un lungo e penoso lavoro di taglia e cuci per “intrecciare” le backstory in un insieme coerente, e nessun giocatore sarà obbligato ad “attenersi” a quanto ha scritto: il gioco funzionerà benissimo comunque. Non vuol dire divieto di backstory: vuol dire più libertà creativa e meno pressioni inutili.

Il pregio dei pregi: focalizzare

Su Dragons’ Lair, nella lunga (e proficua) discussione che mi ha portato a scrivere questa serie (vedi episodio 1), un utente mi ha fatto una buona domanda, che mi è capitato di ricevere altre volte:

Se ti affidi a questa dichiarazione degli obiettivi al tempo zero, come fai a inserire side-quest riempitive, o che servono a chiudere l’arco narrativo del background di un PG?

E come risposta mi è venuto subito in mente un celebre meme:

Un impegno a due sensi

Il chiarimento esplicito su M&O è a tutti gli effetti un patto. (Sulle premesse, non sugli esiti: lo ribadisco.) Ma non impegna solo i giocatori: impegna anche il Diemme!

Se dichiariamo che giocheremo una campagna con certi obiettivi (possono anche essere più d’uno; proposti da chiunque, non per forza dal Diemme), dichiariamo al contempo che:

  • ogni giocatore dovrà creare un PG motivato a perseguire quegli obiettivi, e avrà il compito, durante il gioco, di farlo dirigere verso di essi, tentare di raggiungerli: solo così potrà far parte della campagna;
  • il Diemme, dal canto suo, dovrà creare uno scenario avventuroso incentrato su quegli obiettivi, e durante il gioco avrà il compito di presentare ostacoli, conflitti, sfide che riguardano quegli obiettivi, e non altro; perché la giocata parla di quelli.

Significa che non giocheremo a un gioco in cui il Diemme può mettere i PG in qualunque situazione gli passi per la testa; né uno in cui si parte dicendo che saremo cavalieri in una guerra feudale e dopo due sessioni ci ritroviamo su una nave pirata diretti verso i Tropici; né uno in cui, se solo mi scappa nella backstory un mezzo accenno di sfuggita a una mia sorellina, il Diemme può impugnarlo facendola rapire, imprigionare, convertire al Male o chissà che altro, tanto per “motivarmi realisticamente” a intraprendere la sua nuova quest.

Per chi a queste robe è abituato può sembrare una rivoluzione, invece è un’ovvietà. Stiamo delimitando, di comune accordo e in modo chiaro, sia il campo di azione dei giocatori che quello del Diemme.

E le side quest riempitive?

Ma “riempitive” di cosa? A me la domanda sorge spontanea. A voi no? Nel senso, stiamo giocando una bella storia, ci piace, ci diverte… perché ci dovremmo mettere dei riempitivi? Sembra quasi di sentir parlare uno sceneggiatore che ha scritto una bella serie di 4 episodi ma è stato obbligato dalla casa di produzione a tirarne fuori una dozzina, e deve inventarsi robe per allungare il brodo.

In generale, fatico a vedere una valida ragione per cui mettere da parte gli obiettivi della campagna e portare i PG su qualcosa di scorrelato. Tra l’altro, D&D non è (o, almeno, non dovrebbe essere) come uno di quei videogiochi in cui puoi lasciare una quest a metà per un tempo lunghissimo, e quella rimane lì buona buona ad aspettarti: se gli orchi hanno attaccato la città di Osgiliath e tu vai in giro a caccia di cinghiali, quando torni la trovi rasa al suolo. Giustamente. Quindi è normale ed è sano che i giocatori, e i PG, concentrino sugli obiettivi tutta la loro attenzione: è quello che farebbe ogni persona ragionevole.

Tuttavia, non voglio nemmeno dire che le side quest con questo metodo non si possano fare; anzi, è facilissimo: basta ri-applicare il metodo. La side quest avrà un proprio obiettivo, che qualcuno (giocatore o Diemme) sceglierà e proporrà esplicitamente a tutto il tavolo: se siamo d’accordo, lo aggiungiamo agli altri obiettivi e andiamo a giocarcelo.

E gli archi narrativi delle backstory?

Non vi annoierò con una filippica sul fatto che l’arco narrativo di un PG di D&D, secondo me, è una cosa che semplicemente succede e di cui si prende atto a posteriori, non è una cosa da programmare e su cui ritagliare scene e incontri ad hoc. Se volete ne ho parlato altrove. Ma non obbligo nessuno a giocare come me.

La dichiarazione esplicita degli obiettivi non impedisce che ci siano “archi narrativi” (manteniamo questa espressione un po’ infelice) non direttamente attinenti agli obiettivi concordati: solo, non saranno la priorità, né per il Diemme nel progettare le avventure, né per i giocatori nel risolverle. Vuoi vendicarti del nobile che ha usurpato la terra dei tuoi genitori? Provaci pure, ma non aspettarti che il Diemme ti serva su un piatto d’argento un’avventura (fosse anche una side quest) costruita ad hoc attorno a questo, né che i tuoi compagni accettino di mettere in pausa, o addirittura a rischio, gli obiettivi comuni per assisterti in questa tua prodezza.

Questo, ovviamente, a meno che… il tuo “arco narrativo” (o come diamine lo vogliamo chiamare) non sia connesso agli obiettivi della campagna! A quel punto, magicamente, tornerà al centro della scena.

E, in effetti, avere degli obiettivi espliciti come premessa del gioco mi permette di creare un PG le cui aspirazioni personali, e/o le cui storie personali irrisolte, siano attinenti a uno di essi. Mi è facile farlo, proprio perché li conosco da prima di creare il PG. E ho tutto l’interesse a farlo, perché così sarà un PG fortemente motivato e coinvolto nei confronti della storia che giocheremo.

Insomma: ci tieni tanto ad avere nella backstory un tizio di cui vuoi vendicarti? Se l’obiettivo della campagna è sconfiggere una cosca criminale, scrivi che il tizio è un suo membro o fiancheggiatore. Se l’obiettivo è recuperare i quattro frammenti di una mitica spada, scrivi che il tizio di cui vuoi vendicarti ne possiede uno (se il Diemme è d’accordo), o che è un esponente di spicco di una fazione concorrente nella cerca.

Lo so che molti di voi sono abituati a fare il contrario: scrivo nella backstory il mio desiderio di vendetta contro Tizio nella speranza che il Diemme la interpreti come una proposta implicita di obiettivo e modifichi la campagna in modo tale da inserisci questo elemento. Spero che vi fiderete di me quando vi dico che l’approccio che vi sto proponendo è molto più funzionale.

Sennò, soluzione ancora più banale, in sessione zero convinci tutto il tavolo ad aggiungere la tua vendetta agli obiettivi della campagna: a quel punto sono patti chiari dall’inizio e non ci piove.

Continua…

Oltre a tutti questi vantaggi, il metodo esplicito è molto utile per prevenire certe forme di costrizionismo, cioè railroad (nell’accezione più comune della parola). Questo è un altro punto su cui ho affrontato molto dibattito, perché i più scettici verso questo metodo tendevano ad accusarlo semmai di fomentare il railroad. Niente di più falso. Lo vedremo per bene nel prossimo episodio.

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2 pensieri riguardo “Chi siamo? Dove andiamo? (motivazioni & obiettivi, episodio 6)

  1. Ciao! Stiamo raggiungendo la quadra sulla motivazione e gli obbiettivi, su cui mi trovo perfettamente d’accordo.
    Le quest secondarie sono sempre state viste come quest che i PG devono fare per forza altrimenti ho buttato il mio lavoro ad inventarle; ma se così fossero non sarebbero secondarie! Le quest secondarie possono essere risolte o meno dai PG ma sei vuoi dare la possibilità di interessarsi hai appunto gli intenti chiari e quindi risulta più semplice inserirle che non se hai le idee fumose dell’approccio implicito.
    Non ho visto (o non mi ricordo) la disamina del falso problema degli spoiler che in molti obbiettano col metodo esplicito, col classico esempio del cattivo che ingaggia i PG ed i PG che: a) ci cascano con tutti i piedi e b) devono trovare il modo di rimediare. Ma magari ne parlerai nel seguito.

    Ciao 🙂

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