Pillola: i miei dèi, parte 2

Eccoci finalmente alla seconda puntata di questo mio discorso sulle divinità. L’ho diviso in “pillole” per diluire il lavoro (ed è stato un bene perché ultimamente ho pochissimo tempo).

Nella prima parte vi ho spiegato cosa significa divinità nel mio mondo di gioco, e come si formano queste entità. Oggi vi parlerò dei loro poteri. Dopo questa puntata ce ne sarà una terza e ultima.

Nota bene: è tutto personale

Come ho detto nella prima parte, ciò che racconto qui riguarda il mio attuale mondo di gioco principale, quindi il mio immaginario fantasy personale; non sono regole, né consigli.

Potere dai fedeli

Il potere di una divinità deriva dalla fede dei suoi seguaci mortali.

“Fede” intesa in che senso? Non è del tutto chiaro. Da un lato preghiere, cerimonie, offerte e altri atti di aperta venerazione sono di certo più rilevanti, forniscono al dio più potere. Dall’altro anche il semplice, occasionale riconoscimento della sua esistenza può dare un piccolo contributo. Sentimenti positivi (es. ammirazione) e negativi (es. paura) sono altrettanto efficaci.

Questo flusso di energie spirituali si concentra nella divinità ed è come il suo nutrimento. Questo, tra l’altro, spiega perché anche gli dèi più crudeli siano restii a distruggere il mondo materiale.

Cognizione divina

Un primo, curioso potere di ogni divinità è questo: se dici il suo nome, ti sente; questo ovunque si trovi e qualunque cosa stia facendo. Non vuol dire che sia obbligata a darti retta, ovviamente: in ogni momento potrebbero esserci migliaia di persone che la stanno invocando o menzionando.

Questo enorme afflusso di input soverchierebbe qualsiasi mente mortale, ma per un dio è naturale come respirare: è consapevole di ogni singolo evento, in contemporanea, senza esserne distratto. Non percepisce solo cosa la persona ha detto, ma anche la sua identità, il contesto e la situazione generale, un po’ come se si trovasse lì.

Insomma, chi bestemmia lo fa a suo rischio e pericolo (in teoria; anche se solo un dio davvero permaloso si metterebbe a castigare ogni minima imprecazione). Vuol dire anche che bestemmiare dimostra molto coraggio.

La divinità percepisce in modo analogo anche tutto ciò che avviene nei luoghi che le sono consacrati (templi, santuari e simili). Motivo per cui svaligiare un tempio, razziare un sepolcro, assaltare un’abbazia, sono idee molto pericolose. È consigliabile avere le “spalle coperte” dalla benedizione di un’altra divinità, e anche in quel caso non c’è la sicurezza assoluta, dato che l’altra… gioca in casa.

Da ultimo, la divinità è consapevole di ogni fatto o evento macroscopico che riguardi la sua area di influenza. Spesso è in grado perfino di predirlo in anticipo.

Mettendo insieme tutte queste cose si capisce che gli dèi, benché non siano onniscienti, hanno una conoscenza estremamente profonda di ciò che avviene nel mondo.

Miracoli

A volontà un dio può spendere il suo potere spirituale per compiere una magia. È qualcosa di molto simile, se vogliamo, al famoso incantesimo desiderio (una volta parleremo anche di quello), ma con meno limiti, o meglio, con limiti dati solo dalla quantità di potere che la divinità è disposta a spendere. Con un paio di altri paletti.

In primo luogo, più il miracolo rientra nell’area di influenza della divinità, più è facile (meno costoso) da compiere. Spingersi del tutto fuori da quel perimetro richiede più sforzo. “Invadere” in modo netto il campo di un’altra divinità è un rischio, non solo perché potrebbe farla arrabbiare, ma anche perché le sarebbe molto facile neutralizzare l’intervento (con un proprio miracolo).

In secondo luogo, nessun miracolo può violare l’allineamento della divinità, nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio. Questo perché sono proprio le forze cosmiche degli allineamenti il canale attraverso cui questi prodigi vengono manifestati.

Il fatto che i miracoli consumino una parte del potere che il dio ha faticosamente accumulato li rende abbastanza rari e preziosi (tanto di più quanto più sono impattanti). Insomma, i miracoli costano: per questo anche gli dèi più “interventisti” non possono rispondere a tutte le preghiere né manifestarsi in tutte le occasioni.

Essenza senza corpo

Una divinità non ha corpo: è un’essenza disincarnata. È un caso ben diverso da un fantasma, che un corpo ce l’ha, benché immateriale e intangibile: è invece un’entità completamente astratta, un po’ come le anime.

Se si è formata da una creatura ancora in possesso del proprio corpo può mantenerlo, se vuole; evitare che invecchi o si ammali non le costa che un’infima quota di potere.

Anche se non ce l’ha, comunque, può incarnarsi quando vuole e nella forma che vuole: è un miracolo abbastanza semplice. Può perfino creare più corpi contemporaneamente (qualcuno li chiama avatar). L’ubiquità vera e propria non le è concessa, ma perfino un dio minore dovrebbe essere in grado di mantenere l’attenzione su una mezza dozzina di luoghi allo stesso tempo.

Distruggere il corpo non uccide la divinità: non ha altra ripercussione se non lo spreco dell’energia spirituale usata per crearlo.

(Quasi) immortale

Come muore un dio? Argomento complesso, su cui i teologi dibattono dall’inizio dei tempi.

Innanzitutto, sembra chiaro che le divinità siano in grado di uccidersi a vicenda, bandirsi, o infliggersi “mutilazioni” e maledizioni varie. L’atto, tuttavia, richiede all’attaccante un immenso sforzo e presenta enormi rischi. Scontri tra divinità sono avvenuti in passato, con devastanti danni collaterali, e il vincitore ha sempre dovuto pagare un alto prezzo, trovandosi indebolito anche per secoli. È comprensibile, quindi, che simili eventi siano rarissimi.

Artefatti in grado di uccidere o, più spesso, imprigionare le divinità sono menzionati nelle leggende. Si tratta di oggetti unici di immane potere, spesso con pesanti effetti collaterali su chi li possiede, senza contare che avrebbe l’attenzione (poco amichevole) di tutto il pantheon immediatamente puntata addosso.

Un altro caso, remoto ma documentato, è la caduta: un dio che abbandoni il proprio allineamento o la propria area di influenza provoca una frattura dell’equilibrio fondamentale del suo essere. In genere cessa di essere una divinità, cosa che porta al suo annientamento, a meno che non abbia ancora il corpo originario. Qualche volta potrebbe subito riformarsi come nuova divinità, con un diverso allineamento e/o una diversa area di influenza, e di solito con un nuovo nome; ma è probabile che perda gran parte dei fedeli e debba ricominciare daccapo, lentamente, a racimolare potere.

Finora ho parlato solo di fenomeni rari. In effetti la scomparsa di una divinità non capita tutti i giorni, ma su un orizzonte di secoli o millenni è più comune di quanto si pensi. La modalità di gran lunga più frequente è quella dell’oblio: quando un dio non viene più adorato, magari perché la società che lo adorava è in declino, o perché è cambiata e la sua area di influenza ha perso importanza, i suoi poteri si affievoliscono sempre di più, finché non diventa un’anima come le altre, senza più alcun potere degno di nota.

Continua…

Nella terza e ultima pillola su questo argomento vi parlerò dei riti religiosi.

11 pensieri riguardo “Pillola: i miei dèi, parte 2

  1. Mi piacciono molto queste pillole sulle divinità. Sono davvero curioso di leggere la prossima!
    Per curiosità: dietro a questi concetti hai elaborato anche qualche meccanica o li tieni solo come punti di riferimento mentali?
    Sarebbe troppo chiederti di prendere in considerazione una quarta pillola con qualche esempio di divinità, di miracolo o altre situazioni di gioco in cui la divinità si manifesta, in un modo o in un altro?
    Grazie, ciao!

    1. Ottima domanda. Non ci avevo pensato!

      In effetti queste pillole sono puramente tematiche, descrivono com’è il mondo. Ma in giochi come D&D può essere necessario tradurre le cose in meccaniche o perlomeno in procedure.

      Di base la risposta è che no, attualmente non ho delle meccaniche dedicate agli dèi.

      Tempo fa le avevo scritte, per D&D 3.5, ma erano un po’ frettolose, e ora sono obsolete visto che nel tempo mi sono spostato su un regolamento “casalingo” con molte differenze. Potrei trovare il tempo di aggiornarle, in futuro.

      Comunque, va detto che l’aspetto più rilevante per il gioco sono i miracoli, e su quelli non c’è molto da dire: sono una sorta di desiderio migliorato, qualcosa di molto aperto e difficilmente quantificabile, da valutare di volta in volta.

      Potrebbe essere molto interessante, però, ragionare su quando e perché si usano. Nel momento in cui hai divinità che potrebbero (potenzialmente) fare qualunque cosa, o quasi, come faccio io Diemme a decidere che cosa fanno? Con quale criterio le faccio intervenire nel gioco?

      La risposta breve è che perlopiù non lo faccio, perché sarebbe quasi sempre… sleale, se mi passi l’espressione. Sono fenomeni talmente fuori dalla portata dei PG che buttarglieli addosso avrebbe poco senso: se fossero ostili non avrebbero scampo, se fossero favorevoli sarebbero un deus ex machina sgradevole.
      Da questo punto di vista gestire le divinità non è molto diverso da gestire il cosmo nel suo complesso: certo, potrebbe cadere un meteorite addosso ai PG, o potrebbe verificarsi un terremoto che fa crollare il dungeon sulla loro testa; per come funziona il cosmo è possibile; ma di fatto non lo facciamo mai succedere perché non sarebbe buon gioco.

      L’eccezione è che questi eventi possono essere usati come premessa, anziché come conclusione: per creare situazioni interessanti da risolvere.
      Può essere bello giocare con un meteorite in arrivo, o con i PG che arrivano dopo l’impatto del meteorite e devono affrontarne gli strascichi; oppure, con un terremoto che porta alla luce un nuovo dungeon. Allo stesso modo, può essere interessante un’avventura in cui i PG devono ottenere il perdono di una divinità che li ha maledetti; oppure, una in cui un miracolo inaspettato riporta in vita il vecchio re, che con stupore di tutti rivela di essere stato assassinato, anziché essere morto di morte naturale.
      Come tutte le premesse, comunque, è meglio discuterne prima con i giocatori, off game.

      1. Grazie, una considerazione interessante su come introdurre l’influenza degli dei in gioco!
        Sarebbe da sperimentare… 😁

  2. Poco da dire: ho una visione diversa degli dei ma la tua è comunque più interessante di tante altre che ho letto 🙂

    Ciao 🙂

    1. Ciao Red! Ho trovato che la sua concezione delle divinità sia sorprendentemente simile alla mia quindi ha confermato un po’ il mio standard. A questo punto però, se non è troppo disturbo mi piacerebbe sapere come sono i tuoi dei 😁

      1. Beh, innanzitutto la questione cambia in base all’ambientazione (ho fatto ambientazioni con dei distanti e con dei che camminano in mezzo ai mortali e tutte le vie di mezzo possibili) però in generale ed in breve possiamo dire:
        a) gli dei non intervengono (per i motivi più vari) lasciando il compito ai loro sacerdoti e Chierici (sono due figure diverse, anche se possono essere coincidenti). Non sono esseri umani con poteri eccezionali, sono l’incarnazione dell’essenza (dipende dall’area di influenza). In genere hanno interessi sul mondo dei mortali perché sono dei ma spesse volte non sono completamente comprensibili agli umani (non arrivano a farti lo spiegone!): loro guardano ad un ventaglio molto più ampio di qualsiasi mortale.
        b) ogni dio incarna diversi aspetti della propria area di influenza; questo permette di avere scismi nelle chiese, eretici ed infiltrati senza che vengano sgamati in meno di un nanosecondo.
        c) se avessi bisogno di un intervento più incisivo (per i motivi detti da Bille Boo più sopra) uso quelli che chiamo Interventi Divini Indiretti, cioè qualcosa che può essere sia la volontà di un dio, sia un fenomeno naturale. In alternativa gli Angeli (Celestiali per le divinità Buone, Immondi per le divinità Malvage, non ho ancora deciso un nome per quelle Neutrali), se esistenti. Sì, da me gli Immondi possono essere gli Angeli delle divinità Malvage. Anche questi comunque hanno sempre approcci molto sottili (nessun Angelo che arriva e ti taglia in due).
        d) gli dei non hanno bisogno della venerazione per esistere, anzi. Alcune divinità Malvage si rafforzano più coi sacrifici che con la venerazione. Tuttavia la venerazione sembra abbia influenza sulla “potenza” del dio e potrebbe benissimo capitare che una divinità dimenticata si manifesti a qualcuno nel tentativo di far riprendere il suo culto. Ma soprattutto non accade mai quello che ho visto in diverse avventure ed ambientazioni dove gli dei che non soddisfano i mortali vengono mandati a cagare e quindi muoiono perché non hanno più fedeli (non dovrebbero essere i mortali a seguire la volontà degli dei, invece che viceversa?).
        e) gli Avatar esistono ma in genere non vengono usati se non in modo particolare: ad esempio un dio potrebbe mettere alla prova i PG presentandosi come Avatar oppure l’avatar di un dio cerca di far riattivare il suo culto. Se ci sono gli Angeli, probabilmente gli Avatar saranno usati di meno.

        L’intervento divino diretto in genere faccio che cambia il mondo quindi è riservato a cosa accadute nel passato.

        Poi in D&D i PG sono in grado di raggiungere livelli di potenza ragguardevoli e con la possibilità di visitare i Piani Esterni sarebbe interessante fare avventure tra il livello 17 ed il livello 20 dove i PG decidono i destini del cosmo. Purtroppo non ho trovato avventure che mi ispirassero in tal senso.

        Questo in breve 😉

        Ciao 🙂

  3. Grazie! Mi par di riscontrare che la differenza più marcata sia che l’esistenza delle divinità non è correlata al loro culto, mentre lo è (in qualche misura) la loro potenza… (culto in senso ampio eh, adorazione, sacrifici, ecc…). Ma in generale non mi sembra di riscontrare grosse differenze “applicative”.
    Trovo molto interessante l’idea che una divinità rappresenti (sempre?) diversi aspetti in modo da creare conflitti tra adorarori della stessa divinità.
    Personalmente ritengo che negli ultimi livelli, sia naturale che gli dei si interessino dei pg, sarebbe strano il contrario. Inoltre, nel caso di PG chierici dovrebbero maturare un qualche rapporto speciale con la loro divinità, quanto meno rispetto ad altri chierici o anche a quando erano di livello più basso, altrimenti si snatura un po’ la classe, per come la intendo io, quantomeno 😅
    P.S. ho sempre considerato chierici e sacerdoti distinti (ma possono coincidere): credevo fosse un assunto base dei manuali (ho cominciato a giocare in 3°)… mi sbaglio? 🤔

    1. P.S.: non sbagli affatto; può variare in base all’ambientazione al tuo tavolo, naturalmente, ma in generale una classe è solo un insieme di cose che il personaggio è capace di fare, non corrisponde necessariamente allo svolgere un ruolo preciso nella società 🙂

    2. Forgotten Realms, l’ambientazione di default su cui tutti si rifanno, chi è Sacerdote è anche Chierico e non può esistere un Sacerdote che non sia Chierico e viceversa. E sono moltissimi giocatori ad assumere questo presupposto, per questo lo specifico ^_^

      Trovo molto interessante l’idea che una divinità rappresenti (sempre?) diversi aspetti in modo da creare conflitti tra adorarori della stessa divinità.

      Cerco di metterlo sempre (e non sempre ci riesco), ma tutti i consigli che trovo, invece spingono il contrario, in modo tale da dare la certezza a chi gioca il Chierico di “star facendo la cosa giusta”; d’altronde in 3.x perdevi i poteri se facevi quella sbagliata e lasciare al libero arbitrio del DM se ci si era spinti “troppo in là” dava adito a diversi problemi (analoghi a quelli del Paladino). Ma ora che in 5E questo perdita di poteri non esiste più, la cosa diviene più facile 🙂

      Ciao 🙂

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