Elogio del 10 e del 20

C’è una regola della terza edizione di D&D che io trovo assolutamente brillante, facilissima da applicare (anche in 5e), e che semplifica un sacco la vita a tutti. Eppure, misteriosamente, è scomparsa dalla nuova edizione e nessuno se la fila.

Sto parlando del “prendere 10” e “prendere 20“. Ecco perché ho sempre amato questa regola, continuo ad usarla, e consiglio anche a voi di fare lo stesso.

Premessa

Con tutti i suoi difetti, la terza edizione di D&D faceva alcune cose davvero bene. Alcuni suoi pregi sono stati abbandonati nelle edizioni successive perché non erano compatibili con i nuovi princìpi di funzionamento, e va benissimo. Ma altri lo sarebbero, e non si capisce proprio perché non siano stati mantenuti. Tra questi, le regole di cui vi vado a parlare.

Sia chiaro, però, che in realtà non sto parlando di confronti tra edizioni. Le edition war mi annoiano a morte, e recensire i manuali pubblicati non è lo scopo di questo blog. Quello di cui vi parlerò è semplicemente un paio di regole generali, applicabili a qualunque sistema di D&D e affini basato sul d20 system.

Il principio-cardine di quei sistemi è che per determinare se un’azione ha successo:

  1. si tira un d20 (dado a 20 facce): più è alto meglio è;
  2. si aggiunge un modificatore, cioè un numero dipendente dal personaggio e da quello che sta facendo: anche qui, più è alto meglio è;
  3. si ha un successo se il totale è pari o superiore a un certo punteggio-bersaglio: più tale punteggio è alto più il compito è difficile, infatti viene spesso chiamato “difficoltà”.

Questo principio ha tutta una serie di vantaggi che non vi starò ad elencare.

(Tra l’altro, il fatto di usarlo come base di tutte le meccaniche è stata la principale innovazione portata proprio dalla terza edizione di D&D.)

Da notare che questo principio, da solo, non costituisce la procedura per la action adjudication: è solo una piccola parte di un meccanismo più ampio, che non sempre richiede il dado.

Prendere 10

La prima regola a cui mi riferivo è questa (parafraso con parole mie):

Se puoi svolgere il compito con calma, senza distrazioni o evidenti pericoli, e non è tale da avere un’intrinseca incertezza, anziché tirare il d20 puoi scegliere di procedere come se esso avesse fatto 10.

In un’ottica in-game, cioè nel mondo di gioco, il prendere 10 corrisponde al personaggio che fa una cosa “routinaria” con attenzione, senza fretta e senza sforzarsi di eccellere.

L’unico residuo di questa regola in D&D 5e sono i punteggi passivi, in particolare la Percezione passiva, che corrisponde più o meno al vecchio “prendere 10 in Ascoltare e Osservare”.

Prendere 20

La seconda regola è questa (di nuovo, riassumo con parole mie):

Se puoi tentare l’azione più volte, e non c’è nessun rischio associato al fallimento, puoi scegliere di continuare a provare e riprovare per molto tempo: in tal caso, anziché tirare il d20 procedi come se esso avesse fatto 20.

In genere prendere 20 richiede almeno 20 volte il tempo richiesto per una singola prova, ma ci sono eccezioni più rigide che ne fanno spendere anche centinaia di volte di più.

Osservate bene la differenza, anche concettuale, tra le due regole: in ottica in-game, il prendere 20 non rappresenta il personaggio che svolge il compito una sola volta, lentamente e con estrema attenzione, bensì il personaggio che continua a insistere ripetutamente, fallendo moltissime volte, finché la spunta (o realizza che non potrà mai farcela).

Questa regola, che io sappia, non ha lasciato alcuna traccia in D&D 5e.

Cos’hanno di buono?

I vantaggi di queste due semplici regole sono straordinari.

Un gioco più agile

Innanzitutto velocizzano il gioco, evitando tiri di dado inutili. Lo abbiamo detto tante volte anche su queste pagine: che senso ha tirare una valanga di dadi poco significativi, anche per le stupidaggini?

La regola del prendere 20, in particolare, è utilissima da questo punto di vista. Scassinare le serrature, sfondare le porte, liberarsi da legacci: ecco i suoi tipici campi di applicazione. Senza dimenticare il più frequente in assoluto: perquisire un’area. In quel caso è veramente intuitiva: se frughi velocemente in una cassapanca può capitarti di non vedere la gemma che cercavi, ma se continui a frugare e frugare per decine di minuti prima o poi la trovi per forza!

Ricordate i miei “7 comandamenti” sulla risoluzione delle azioni? Ebbene, le regole che abbiamo visto sono di enorme aiuto nel rispettarne alcuni. In particolare:

  • Se è irragionevole che fallisca, non chiedere prove: fai che ha successo. Il prendere 10, in molti casi, rappresenta proprio questo.
  • Se può avere successo e nulla impedisce al PG di provare e riprovare senza conseguenze, non far tirare il dado nemmeno una volta: salta direttamente al punto in cui ce la fa. Questo invece è il prendere 20.

Se permettete ai giocatori di conoscere e usare queste regole, prima o poi saranno loro, spontaneamente, a proporvi di applicarle, e quindi a soddisfare (nella gran parte dei casi) questi due princìpi senza bisogno che ci pensiate voi Diemme.

Un gioco più verosimile

Quante volte avete sentito gente lamentarsi di quanto spesso i PG, che dovrebbero essere (a volte) eroi o grandi guerrieri, falliscano anche le cose più triviali? Prendere 10 è la risposta al loro problema: in molte normali circostanze, se pensi che un compito sia facile, puoi scegliere di annullare l’influenza del caso e andare sul sicuro.

Inoltre, se voi Diemme adottate queste regole e ne siete consapevoli, sarete portati a creare scenari e sfide più interessanti, che non sono inutilmente “appesi” (in modo anche illogico) agli sbandamenti della sorte.

Se chiedo un tiro di dado per ogni porta da sfondare o scassinare, che succede quando fallisce? Non ci sono molte alternative a parte queste:

  • Permetto al giocatore di ritirare, se me lo chiede; e poi ancora; e poi ancora, mentre il resto del tavolo sbadiglia.
  • Mi arrampico sugli specchi per inventare una spiegazione sul perché non si può ritirare. Hai fatto 1? Beh, la porta è incastrata, incollata, blindata, di adamantio. Appaiono delle guardie dal nulla e ti scoprono: fail forward, ahahah. Oppure: hai spaccato la serratura, o ti si è rotto il grimaldello (ci sono Diemme su Internet che impongono ai loro giocatori un tasso di rottura dei grimaldelli da paura, manco fossero di carta velina, e se ne vantano anche).

Invece, se so che i PG possono prendere 20 alle prove di questo genere, sarà tutto molto più semplice: esisteranno solo le porte superabili e quelle insuperabili, e sarà un dato di fatto oggettivo (che io, Diemme, posso prevedere e di cui posso tener conto), non un capriccio della sorte.

Ma allora tutte le prove superabili verranno superate, obietterà qualcuno: non è troppo semplice?

Sfatiamo un mito: in D&D, specialmente nel D&D moderno, è normale che la gran parte delle sfide venga superata. Questo perché, anche se molti credono il contrario, è un gioco di resource attrition (consumo progressivo delle risorse), non di grandi e spettacolari battaglie estreme di vita o di morte, salvo casi eccezionali (che tali devono restare). Le sfide, quindi, sono fatte per essere superate: la domanda non è tanto se i PG la supereranno o no, bensì a quale costo la supereranno.

Ah, sì? E qual è il costo del prendere 20? – domanderà qualcuno.

Qui casca l’asino. La risposta è: il tempo. Il punto è che in molte avventure moderne il tempo non è un costo. Ma questo è un male, un errore, e affidarsi più del dovuto ai capricci del caso non è il modo migliore per correggerlo.

Un Diemme esperto sa che, se vuole che il fattore tempo abbia una rilevanza nella sua avventura, deve dargliela lui, mettendo un “conto alla rovescia” o una scadenza di qualche tipo (es. se non raggiungete l’obiettivo prima di mezzanotte sarà troppo tardi), come ho fatto in Omicidio alla Fiera di San Tocco, o banalmente aggiungendo un sistema di incontri casuali, come si faceva ai vecchi tempi (in Errare è mostruoso e in Veniamoci incontro (casualmente) trovate un po’ di istruzioni).

Quando non usarle

La regola sul prendere 20 non si può usare, ovviamente, in tutti quei casi in cui non è permesso ritentare; per esempio nel conflitto sociale. Inoltre non andrebbe usata quando c’è un costo o rischio rilevante associato al fallimento, come superare un burrone o disarmare una trappola (che potrebbe scattare per sbaglio), perché a quel punto sapere di preciso quanti fallimenti ci sono stati, prima di riuscire, è fondamentale.

La regola sul prendere 10 ha un campo di applicazione più vasto: il mio consiglio è permettere ai giocatori di usarla sempre, tranne nelle circostanze più concitate e caotiche, come un combattimento, dove è difficile fare le cose con totale attenzione. Potrebbero fare eccezione, però, certe prove in cui, da Diemme, pensate che il risultato abbia una casualità intrinseca molto ampia; per esempio le prove di conoscenza (su cui un giorno torneremo).

A parte questi accorgimenti, queste due regole hanno davvero il potere di cambiare il vostro gioco, anche e soprattutto in D&D 5e: provare per credere.

4 pensieri riguardo “Elogio del 10 e del 20

  1. Come hai detto nelle note in piccolo, la 5e mantiene il prendere 10 nelle Prove di Percezione con le Prove Passive. C’è una regola opzionale, da qualche parte, che permette di usarla anche per le altre Abilità. L’Abilità Passiva è un’evoluzione del prendere 10: in 3.x doveva essere dichiarata dal giocatore; il risultato è che se il diemme chiedeva di tirare una prova, subito scattavano gli allarmi ed in pochi “prendevano 10” per poter fare di più. Con l’Abilità Passiva è il diemme a vedere se i PG si accorgono di una cosa (e quindi gli avverte) o meno (e quindi sta zitto) rendendo il gioco molto più fluido e meno paranoico. Che poi sia ulteriormente migliorabile, è un altro discorso.

    Il prendere 20 è stato estromesso per due ragioni:
    1) quello che dici tu stesso: se può riprovare e riprovare, è inutile tirare e tanto vale farlo riuscire. Diviene pressoché inutile avere una regola di questo tipo. Anche il fattore tempo può essere lasciato più aleatorio piuttosto che codificato: si può così decidere di cercare per un’intera giornata un’informazione in biblioteca, mentre guardare su una scrivania richiderà molto meno tempo. Col “prendere 20” si occupava lo stesso tempo.
    2) il fattore tempo, nelle avventure ufficiali, è un fattore quasi inutile (ci sono pochissime eccezioni e facilmente aggirabili), quindi è una risorsa ben poco sfruttabile.
    Se il diemme decide di mettere il fattore tempo in mezzo, di nuovo, basta il punto uno a rendere superflua la regola del “prendere 20”.

    Attendo poi l’articolo della casualità intrinseca per concludere la questione ^_^

    Ciao 🙂

    1. Non corrisponde alla mia esperienza che, di fronte alla scelta se prendere 10 o tirare, quasi tutti tirino. Dipende dalla situazione. Io, da giocatore, sono molto più propenso a prendere 10 che a tirare.

      Sulla percezione è chiaro l’intento (si vuole un default a cui il master possa riferirsi senza bisogno di chiedere prove ai giocatori), ma quello è un caso particolare: anche in 3.5 era possibile la prassi di “assumere che i PG stiano sempre prendendo 10 ad Ascoltare/Osservare se non stanno facendo altro”. Penso che sia un buon approccio, ma attenzione a non fare l’errore di credere che il prendere 10 si riduca a questo.

      Prendere 10 è (salvo questo caso particolare) un’opzione nel caso di prove attive, non un modo di renderle passive e non chiedere affatto la prova. Nelle prove attive io ho sempre preferito lasciare al giocatore la scelta se prendere 10 o no, e non è sempre così scontata. La trovo una scelta interessante che migliora il gioco.

      È una questione che travalica la percezione.

      Non sono d’accordo che il prendere 20 sia una regola inutile: è vero che “se puoi provare e riprovare prima o poi ce la fai”, ma la regola del prendere 20 è un modo per formalizzare questo principio e renderlo, di nuovo, una scelta chiara ed esplicita nelle mani del giocatore. Inoltre offre un modo oggettivo e quantitativo di stabilire se uno specifico PG, provando e riprovando, alla fine ce la fa oppure no. Li trovo due vantaggi molto importanti che aumentano la chiarezza e riducono lo spazio soggettivo di arbitrarietà del Diemme.

      Che quando il fattore tempo non conta la scelta se prendere 20 o no sia banale e scontata sono d’accordo, ovviamente. Questo non è un argomento contro la regola, semmai è un argomento a favore del dare al tempo un peso maggiore nelle avventure di D&D, cosa che ho sempre sostenuto.

      Non capisco perché dici che il tempo necessario a cercare un’informazione in biblioteca prendendo 20 sia uguale al tempo necessario per perquisire una scrivania prendendo 20. Mi sembra di essere stato molto chiaro (come d’altronde il manuale 3.5) nell’indicare che il tempo necessario a prendere 20 è un multiplo del tempo necessario a svolgere la stessa azione senza prendere 20. Mi pare pacifico che ce ne vorrà molto meno per una scrivania che per una biblioteca intera. La regola non si mette in mezzo.

      Non pensavo di dedicare alla casualità intrinseca un articolo, ma se c’è interesse potrei considerarlo. In breve: ci sono alcune prove in cui prendere 10 non è possibile perché il dado non vuole rappresentare solo la “qualità” dell’azione del PG, la sua performance in quel momento specifico, ma anche una serie di circostanze casuali indeterminate che non dipendono da lui. L’esempio più tipico sono le cosiddette prove di conoscenza, che servono a determinare se sai o non sai una certa cosa. Sono pseudo-prove che portano con sé tutta una serie di problemi (li ha ben evidenziati Angry GM in un suo articolo), ma qualche volta mi capita di usarle, e in quel caso non permetto di prendere 10. Una cosa o la sai o non la sai: non dipende dalla pazienza con cui ci pensi.

      1. Sul prendere 20, hai ragione mi sono confuso io: è venti volte il tempo necessario ad eseguire una singola prova (il diemme dovrebbe dire quant’è il tempo di una singola prova, se vuole dare il giusto peso alla cosa, secondo me).

        La mia esperienza invece è opposta alla tua: il prendere 10 non viene mai usato, se non come “prova passiva”. No, non riguarda solo la Percezione ma qualsiasi abilità e l’uso dell’Abilità Passiva la trovo migliore del “prendere 10” ma è questione di esperienze e gusti 🙂

        Semi-OT: mi hai incuriosito su queste pseudo-prove: mi dai il link all’articolo di Angry DM (se non vuoi fare un articolo tu)?

        Ciao 🙂

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