Gioca alle bambole col mondo

Ho aspettato tutto questo tempo per contribuire al Vecchio Carnevale Blogghereccio di Maggio non solo perché impegni come il Play di Modena mi hanno assorbito, ma anche perché sul tema del mese, i bambini, non avevo proprio idee.

Poi ne ho avuta una, ed eccola qui. L’ho scritta male e di fretta, ma meglio che niente.

È davvero raro, in D&D, vedere una divinità bambino. Nel mio attuale universo di gioco c’è anche una facile spiegazione: i bambini non hanno (ancora) un senso morale abbastanza forte. Ma a volte accade l’imponderabile…

La fine del mondo

Quando nacque Nunna, diversi elfi ancora ricordavano il momento in cui il mondo aveva iniziato a morire. Le altre razze ne avevano perso la memoria da un pezzo, ma non loro, così longevi.

Dal cielo non era piovuta più acqua, ma prima acido velenoso, poi sabbia rovente che pian piano aveva sommerso ogni cosa. Infine, più niente.

Erano scomparsi i prati, le città, le foreste. Laghi e fiumi erano regrediti a pantani melmosi, e poi secchi. Le montagne avevano resistito un poco, ma alla fine erano state erose fino alla nuda roccia. Mentre piante e animali scomparivano, sempre più mostri spaventosi si erano diffusi, iniziando una feroce lotta per la supremazia.

Qualche elfo ricordava perfino il mare. Ma dove fosse finito, ora, nessuno poteva dirlo. Ovunque le distanze si erano allungate, come se la terra fosse una focaccia stirata da un mattarello.

Gli dèi di prima erano morti, sordi a qualunque appello. Nuovi dèi stavano sorgendo. Il primo, il più potente, incarnava il nuovo volto del sole, fattosi immenso, ardente, spietato. Quei sopravvissuti che si inchinavano alla sua potenza potevano sperare di continuare a vivere, in comunità isolate, là dove la roccia ancora elargiva, con avarizia, qualche goccia d’acqua.

Ma non gli elfi. Morti gli alberi, erano morti anche i loro cuori. E non solo quelli.

Già di base la loro fertilità è limitata. Una donna elfa in salute ha, al più, un solo ciclo di ovulazione l’anno; una loro gestazione dura diversi anni, e circa un secolo occorre ai loro bambini per divenire adulti. Vite lunghissime, non fatte per la fretta.

Ma adesso era peggio: tutti coloro che erano nati dopo il cataclisma erano sterili. Anche chi, tra loro, provava a procreare con gli umani non aveva successo. Erano sterili. Col passare dei secoli, venne il giorno che non si vide più un solo neonato. Nessuna magia riuscì a porre rimedio. I loro numeri si assottigliavano, la loro popolazione invecchiava. Dovettero rassegnarsi all’estinzione.

Qualcuno nutriva ancora speranze, basate su certe profezie di una nascita miracolosa. Ma più passava il tempo e più sembravano illusioni.

La grazia inaspettata

La gravidanza di Gorthel, ormai avanti con gli anni, fu accolta con stupore e sospetto. I saggi la tennero sotto stretta sorveglianza in un luogo segreto: il timore era che celasse una progenie mostruosa o demoniaca, com’era già accaduto ad altre in passato. Gladron, il suo compagno, le rimase accanto per tutto il tempo.

Nacque Nunna, una bambina elfa perfettamente sana e normale. Fu come una folgore nel cielo. Gli stessi saggi si prostrarono. L’intera comunità ritrovò di colpo la voglia di vivere.

La notizia attraversò il deserto, su vie di comunicazione antiche che solo gli elfi avevano conservato. Una dopo l’altra, tribù vecchie e decimate vennero a contemplare il miracolo. E in molti casi rimasero, per contribuire a crescere la bambina.

Era come la figlia di tutti. La adoravano, più di quanto molte civiltà adorino i propri dèi.

Tra i sapienti c’era, indubbiamente, chi covava la speranza che divenisse una dea vera e propria, una volta adulta. Ma nessuno si aspettava che accadesse mentre era ancora bambina.

Come sia successo è un mistero. Si sa solo che un giorno, durante un momento di svago, si mise per gioco a scavare nella sabbia, e da quel buco sgorgò una sorgente, di acqua pura e cristallina come solo i venerabili ormai la ricordavano. Ci danzò intorno, e dove posava i piedi crescevano erba e fiori.

La portarono in trionfo come salvatrice. Si inginocchiarono in adorazione. La implorarono di dar loro una nuova casa.

L’ultimo rifugio

Furono esauditi. Ogni giorno l’erba si espandeva un poco. Spuntarono germogli, quindi alberelli dalla crescita rapidissima. Nacquero altre sorgenti, poi veri e propri ruscelli. Mentre i mostri si tenevano sempre più alla larga, fecero una timida ricomparsa gli insetti, i roditori, gli uccelli.

In un centinaio di cicli lunari, in mezzo al deserto era nato uno splendido giardino, l’estremo rifugio della stirpe elfica. Sopra di esso il cielo era azzurro, non più rosso-arancio. L’aria era fresca come brezza di primavera, densa di deliziosi profumi. Frutti e granaglie maturavano in continuazione, in grande abbondanza.

Cosa ancora più incredibile, ci furono altre nascite: non molte, ma abbastanza da tornare a contemplare uno scorcio di futuro. Qualcuno si azzardò a immaginare che l’intero mondo, pian piano, potesse guarire.

Sono passati secoli. Gli ultimi elfi del Grande Nulla sono ancora lì.

Un piccolo paradiso

Come si adora una divinità bambina? Gli elfi non ne avevano idea. Non c’erano precedenti. La stessa Nunna, dal canto suo, non sembrava comprendere appieno cosa fosse diventata. Alla fine, semplicemente, ciò che fanno è provare a renderla felice. Lei ne è deliziata e, gentile com’è, sembra desiderosa di ricambiarli. Insomma, la cosa funziona.

Ha anche i suoi lati divertenti. Per esempio, niente cerimonie liturgiche barbose, piene di solennità: per celebrarla si fanno feste di compleanno. Il suo compleanno. Che non è solo una volta l’anno: in effetti, è ogni volta che lo desidera; a volte di rado, a volte molto spesso. E niente sacrifici: basta offrirle uno dei suoi piatti preferiti. Che non mancano mai. Non è raro che, scoperchiando la pentola, si scopra che il proprio stufato di verdure è diventato una torta di mele, ed è un segno di grazia: significa che lei è nei paraggi e ne ha voglia. Qualche cuoco eccentrico racconta di aver provato a preparare cibi nuovi, diversi, senza riuscirci; ma sono voci di poco peso: d’altronde, chi mai vorrebbe preparare un piatto differente da quello voluto dalla dea?

Certo, i bambini a volte fanno qualche marachella; anche i bravi bambini, ma cose di poco conto. Nunna non fa eccezione. Ci si è presto accorti che è meglio non farle domande o richieste che la annoiano. Non perché si arrabbi, tutt’altro: è che la risposta può dare risultati bizzarri. Una volta, a un uomo che aveva perduto gli stivali, rispose che li aveva mangiati il gatto; e si vide che era vero: da allora il giardino è popolato di grossi gatti che mangiano calzature, e tutti si sono dovuti rassegnare ad andare a piedi nudi. Ci scherzano su: l’erba è soffice come un tappeto. Ma hanno imparato che è meglio non importunare la dea con quisquilie di poco conto.

La vita nel giardino è spesso rallegrata da piccoli miracoli. I giocattoli dei bambini, per esempio, prendono vita, parlano e si muovono. La gente ci si è abituata: sono simpatici. Farsi del male, poi, è davvero difficile: il fuoco non brucia la pelle, i sassi sono soffici come pane fresco. Un vecchio ortolano, che si ostinava nonostante l’età a scalare gli alberi da frutto più alti, una volta è caduto e non si è fatto niente: da allora i bambini si buttano per gioco.

Ah, e non ci sono armi: sono tutte scomparse nel corso dei primi anni. D’altra parte, a che servirebbero? Nessun mostro o nemico si è mai fatto vedere.

La concorrenza

L’opera di Nunna non poteva passare inosservata a lungo. Gli dèi del Grande Nulla sono potenti, e tremenda è la loro collera; in particolare quella di Akon il Fiammeggiante, duro e sanguinario dio del sole; e quella della Regina del Gelo, signora delle anime in pena che affollano il deserto.

Ben presto il loro occhio ostile si è puntato su quell’insolente scheggia di verde in mezzo alla sabbia. Mostri famelici sono giunti a roderne i confini. La notte anche i non morti, prima a gruppetti, quindi ad armate. Tribù di barbari e predoni hanno snudato le armi e spronato i dromedari, sperando in grandi saccheggi. E perfino qualche drago ha sorvolato il giardino, gettandovi la sua ombra terrificante.

Nunna non si è persa d’animo: niente ha offuscato il suo sorriso. Ha solo aggrottato la fronte, leggermente.

Il suo potere non poteva rivaleggiare con quello dei suoi più antichi cugini. Ma poteva tenerli fuori dal suo reame: questo sì. Significava solo non poterlo più espandere. Così un’immensa barriera, fatta non di materia ma di pensiero, ha avvolto il giardino come una bolla. E di colpo esso non era più lì: era in tutti i luoghi e in nessun luogo. Nessun essere mortale, da fuori, avrebbe potuto trovarlo: anzi, più vi passava vicino e più avrebbe avuto difficoltà a concepirne perfino l’esistenza; avrebbe potuto sbatterci il naso e subito avrebbe cambiato strada, convinto di aver urtato un moscerino.

Nunna, ovviamente, non ha davvero deciso queste cose: secondo i saggi è stato un gesto istintivo, come quello di una lucertola che si immobilizza al passaggio di un predatore. Nessuno sapeva quanto la barriera avrebbe potuto reggere, ma ha dimostrato di andare avanti per secoli: forse gli dèi rivali, là fuori, si sono accontentati e non la cercano più.

Non è tutt’oro

I primi dubbi che potesse esserci qualcosa che non andava sono venuti guardando gli altri bambini: col passare dei decenni rimanevano tali. Qualcuno cresce un po’, ma molto lentamente. Qualcuno sembra addirittura crescere e poi “regredire” in sequenza, in modo quasi impercettibile.

All’inizio i saggi ne hanno discusso in segreto. Hanno pensato che Nunna, magari inconsciamente, non se la sentisse di rinunciare ai suoi compagni di giochi. Il problema, si sono detti, si sarebbe risolto quando ne fossero nati di più. Ma i saggi erano pochi, e sempre più vecchi. Uno dopo l’altro sono morti, senza che la situazione cambiasse.

Intanto anche Glaron e Gorthel, i genitori della dea, si avvicinavano al momento fatidico, malgrado il loro aspetto fosse del tutto inalterato, uguale a com’era quando l’avevano avuta. Un triste anno sono morti, e per un po’ Nunna si è come spenta: non sorrideva più, non giocava e non danzava. Il giardino si è rivestito del giallo e del marrone dell’autunno, e qualcuno ha temuto il peggio.

Ma un mattino tutto era di nuovo fiorito, e quando gli elfi si sono messi in cerca di Nunna l’hanno vista danzare allegra in compagnia di Glaron e Gorthel: ricomparsi, come nuovi. La dea li aveva resuscitati, hanno pensato. E hanno gioito per il nuovo miracolo. Solo qualche scettico troppo attaccato ai vecchi libri ha bofonchiato qualcosa sul fatto che nessuna magia, neanche divina, ha mai saputo ovviare all’erosione che il tempo opera sulle anime mortali. Dopo un po’ i vecchi libri sono tutti scomparsi, rimpiazzati da libri di fiabe, con splendide figure colorate.

Col passare del tempo anche altri defunti sono stati benedetti con il ritorno. Non tutti, solo quelli più vicini personalmente alla dea; i più meritevoli, insomma: conclusione lecita. Ma sempre più persone, parlando con loro, hanno avuto la sensazione di qualcosa di strano: tendevano a ripetere le stesse frasi e a dimenticare le cose, come se non fossero propriamente in sé. Qualcuno, scherzando, ha buttato lì che somigliavano un po’ ai giocattoli animati. Non tutti hanno riso.

A cambiare tutto per sempre fu il caso di Villitran: uno degli adulti più giovani, che significa comunque con molti secoli sulle spalle. Era sempre stato un tipo stravagante, irruento, ficcanaso; non riusciva a stare fermo. Da un bel po’ andava ripetendo che avrebbe voluto dare un’occhiata al mondo fuori dal giardino: per vedere se era cambiato o era rimasto il deserto di prima. Un’idea suicida, ma per gli elfi la libertà personale è sacra. Un giorno è sparito: alcuni l’hanno visto allontanarsi in direzione del confine, a cui non ci si deve avvicinare mai. Dopo una luna è stato dato per morto.

Nessuno si è sorpreso quando Nunna lo ha fatto tornare: aveva per lui una grande simpatia, per la sua abilità nel raccontare storie e fare giochi di ombre al fuoco serale. Ha ripreso a fare quelle cose con lei, ogni volta che voleva. Era sereno, adesso: niente più discorsi strani sull’esterno.

Immaginate lo shock quando Villitran… il vero Villitran… ha fatto ritorno, smagrito e inzaccherato ma vivo, con nuove storie da raccontare (in verità, tutt’altro che belle). E si è trovato di fronte un altro sé stesso. Un riflesso: da allora è così che li chiamano, sottovoce, quando la dea non è nei paraggi; cosa siano non è chiaro, ma non sono veri.

Da allora ha iniziato a farsi strada un pensiero raggelante: che l’estinzione non sia stata frenata affatto; che il giardino sia solo un ultimo riparo in cui invecchiare sereni, per poi essere rimpiazzati da pallide ombre. E se anche i nuovi nati, nella loro infanzia perpetua, non fossero altro che riflessi?

Eppure, che cosa si può fare? Possono gli elfi permettersi di non credere in Nunna, se il suo potere divino è letteralmente l’unica cosa che li tiene in vita, nutriti, dissetati, al sicuro?

3 pensieri riguardo “Gioca alle bambole col mondo

  1. “Poi ne ho avuta una, ed eccola qui. L’ho scritta male e di fretta, ma meglio che niente.”

    Divertente come quello che tu reputi un articolo del blog frettoloso e malfatto sia, secondo me, uno dei più intriganti che hai scritto!

    L’ho letto con crescente interesse, un po’ per la bizzarria dell’argomento (una divinità bambina), un po’ perché ho solcato per due volte le sabbie del Grande Nulla, sperimentando la ferocia del deserto e arrivando a costruire un altare votivo per il crudele Akon il Fiammeggiante che, a discapito di quel che si dice su di lui, mostrò pietà e benedisse il nostro gruppo in quell’occasione.

    Sapevo della venuta imminente di un sesto Dio a quei tempi, ma non avevo davvero idea di chi (o cosa) sarebbe stato: in realtà la cosa era per me di interesse marginale; quando devi sopravvivere pensi al qui e ora, non ai Massimi Sistemi.

    Poter scoprire, a distanza di quasi due anni, chi sarebbe stata quella misteriosa entità, mi ha dato una sensazione strana, come di una storia in sospeso che dopo lunga attesa ha avuto la sua inaspettata continuazione.

    Mi sono chiesto, all’inizio, se la Somma Nunna avrebbe potuto essere un’entità apocalittica: una bambina capricciosa e pretenziosa, che avrebbe usato i suoi poteri divini per distorcere la realtà a lei circostante come un curioso diorama, noncurante dei bisogni o della sofferenza di chi vi fosse intrappolato suo malgrado.
    Ma poi ho ricordato che l'”ascesa” a divinità, nelle tue ambientazioni, avviene come manifestazione dell’ardente desiderio di un popolo, coadiuvata dalla venuta di un essere che è perfettamente allineato con questo bisogno e contemporaneamente a uno dei 9 allineamenti cosmici. Ergo, gli elfi, che più di ogni altra cosa desideravano che tornasse il mondo che fu e vivere nella “cuccagna”, non avrebbero mai potuto portare all’ascesa di una divinità perversa e ostile.
    La Somma Nunna, insomma, era l’incarnazione perfetta dei desideri, delle necessità e dell’ambizione degli elfi, e non avrebbe potuto essere altrimenti.

    Divertente (e a tratti quasi commovente) il piccolo Eden che Nunna ha ricreato per i suoi simili: un giardino dove non esiste violenza o carestia, dove tristezza e dolore sono pensieri leggeri e passeggeri, dove non si ha paura della malattia e si può evitare di pensare alla morte.

    Ma che il suo potere non fosse illimitato era per me chiaro già dal principio: ho imparato che le divinità, nelle tue ambientazioni, non tirano tutti i fili. Anzi, per loro stessa ammissione, anche loro ignorano molte cose e sono in parte spettatori della Natura, nel bene e nel male.

    Quindi, quando sul finali riveli che in realtà il destino degli elfi è comunque segnato, e che Nunna si è “limitata” a dare loro un luogo dove invecchiare e morire sereni… beh, posso dire che è comunque qualcosa di ben più miracoloso di quanto abbia mai visto fare a una qualsiasi delle tue divinità. Non credo che gli elfi, loro malgrado, potessero pretendere di più dalla loro Dolce Dea.

    Comunque, non credo che alla fine gli elfi si estingueranno: infondo, il mondo di cui narri ha strani eoni e innumerevoli Ere si sono susseguite. Ora vi è un enorme e sterile deserto, ove prima vi era natura rigogliosa e il mare. In futuro chissà, forse il mare tornerà di nuovo e in un epoca di un futuro remoto, quello stesso mondo potrebbe essere diventato un’immenso oceano costellato da poche isole dove sono sorte altre civiltà e nuovi Dei.

    Chi giocherà al tuo tavolo, vedrà 😉

    1. Solo una precisazione veloce: Nunna e il Sesto Dio non sono la stessa entità; in effetti la venuta di Nunna è antecedente di qualche secolo rispetto all’epoca in cui si sono svolte le nostre giocate; i discorsi sul Sesto Dio riguardano un Sesto Dio del deserto.

      Per il resto grazie per le tue considerazioni affascinanti! 🙂

  2. Devo dire che mi ha affascinato. Anch’io ho pensato potesse essere il Sesto Dio, almeno fin quando non ha “smaterializzato” l’Eden. Non so se essere estasiato o spaventato (i Riflessi fanno un po’ paura).

    Ciao 🙂

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