Qualche esempio di sicurezza e insicurezza

Free art by Jason Glover, greygnome.com

Se trovare esempi concreti, rodati, di Dichiarazioni di Intenti e affini non è stato semplicissimo, trovare esempi del genere circa l’uso di meccaniche di sicurezza è ancora più complicato. Specialmente se si vogliono sentire esempi negativi, in cui qualcosa non ha funzionato: ancora più interessanti di quelli positivi (come ha detto anche Dismaster FraNe).

Ci ho provato sia su Dragons’ Lair, dove la mia richiesta è rimasta inevasa, sia su vari gruppi Telegram, dove qualche risposta qua e là sono riuscito a trovarla (in aggiunta alle interviste vere e proprie, eh, ci mancherebbe). Non è molto, ma ve lo espongo lo stesso.


Raimondo: evitiamo di spaventare le persone

(Raimondo, che ho conosciuto grazie al comune amico Invernomuto, si definisce un collezionista di GdR ed è affezionato ai nostalgici anni ludici ’80 e ’90. Pubblica articoli sulla sua pagina Facebook, “Legale Malvagio”, e Instagram, @legalemalvagio, nonché su La Domenica del GDR, mensile che è arrivato al quarto numero. Collabora con il neonato GLOR, Gruppo Ludico ORvieto.)

Mi piace sperimentare con il gioco affrontando tematiche anche pesanti. Però, dopo qualche brutta esperienza, ho cercato le modalità migliori per affrontarle in sicurezza. Mi è venuta in aiuto, per esempio, l’ultima edizione di Kult, che ha un interessante capitolo sull’argomento.

Kult si presenta come gioco complesso che può trattare argomenti pesanti, scavando a fondo nell’animo umano.

Una ventina d’anni fa, quando usavamo la prima edizione, una giocatrice aveva creato il suo PG attribuendogli delle fobie (una cosa supportata dalla meccanica del gioco) che in realtà erano le sue personali. Io (che ero il master) ne ero ignaro. Quando la cosa si è manifestata nel gioco c’è stato un forte disagio che ci ha destabilizzati: lei è andata in crisi, si è alzata e non riusciva più ad andare avanti. Per fortuna eravamo persone mature e non è precipitato tutto in accuse reciproche. Poi ci siamo chiariti, e quella parte del personaggio è stata corretta.

Quell’esperienza mi ha dato la spinta a essere ancora più attento alla sensibilità dei giocatori. In seguito mi è successo un paio di volte che, accorgendomi che qualcosa non andava, fermassi la sessione per discuterne.

Di recente stiamo preparando un evento alla Biblioteca Luigi Fumi di Orvieto (si svolgerà i giorni 24, 25 e 26 Novembre), aperto a tutte le fasce di età, e soprattutto a chi vuole entrare per la prima volta nel mondo dei GdR. In riunione con gli organizzatori qualcuno ha proposto di prevedere una meccanica di sicurezza: un questionario dettagliato da sottoporre ai partecipanti, su cui barrare i temi che vogliono evitare.

Io sono favorevole a certe cose, ma non in quel modo e non in quel contesto. Se presentiamo un foglio del genere, che sembra una sorta di “liberatoria” e che cita cose come violenze, abusi eccetera, a persone che non hanno mai giocato di ruolo, rischiamo di intimidirle. Sembra di dire: “in questo gioco si fanno queste cose”. Diventa un po’ equivoca, la situazione.

Secondo me siamo noi, invece, che dobbiamo pensare a delle giocate sicure per chi gioca per la prima volta. Senza andare proprio a toccare certi argomenti. Stando sui canoni Disney, ecco.

Quanto alle mie campagne personali, ho imparato a regolarmi così. Per prima cosa cerco di capire bene con chi ho a che fare. Se ci sono giocatori nuovi, che non conosco di persona, ci discuto sempre in separata sede, spiego quali saranno i temi della giocata, e cerco di capire il loro livello di tolleranza; è capitato che qualcuno non risultasse adatto al mio tavolo. Poi uso un meccanismo a soglie: quando introduco una tematica forte, cioè, aumento l’intensità gradualmente, e tra una sessione e l’altra mi accerto di chiedere feedback ai giocatori per capire se va tutto bene.

Non mi è mai successo che fossero i giocatori stessi a chiedere di fermare il gioco: ci devo stare attento io. Ho notato che per molti diventa una sorta di sfida con se stessi: sono convinti di poter affrontare in gioco una certa cosa (magari una che nella vita reale crea loro dei problemi), o approfittano del gioco per mettersi alla prova. Non solo in Kult, anche in altri giochi, soprattutto quelli con un tema horror, come Il Richiamo di Cthulhu o D&D nell’ambientazione di Curse of Strahd. Se uno non ce la fa scatta un meccanismo per cui si vergogna ad ammetterlo. Nell’esempio che ho fatto, la giocatrice era consapevole che dando quella fobia al personaggio sarebbe potuta uscire in gioco: ha voluto provarci; poi ci siamo accorti che non eravamo (né io né lei) in condizioni di gestirla. È un problema non facile da risolvere.

Andrea Parducci: ho imparato a non fare il paladino non richiesto

(Andrea ha risposto a una mia richiesta sul gruppo Telegram “Forum Sententiam”. Avevo già interagito con lui in passato, qua e là, per esempio su La Locanda dei GDR.)

Un’esperienza negativa l’ho avuta. Ero giocatore, con un master che conosco. Prime sessioni a Warhammer 40K, scene di tortura e dettagli a profusione. Una giocatrice nuova nel gruppo.

A fine sessione parlo in privato col master, facendo notare che io non avevo problemi con quelle scene ma lei poteva essere a disagio, e spiegando che ci sono strumenti per gestire queste situazioni.

La volta dopo al tavolo lui ha fatto qualche domanda “di rito”, ma in modo molto svogliato, e il mood del gruppo è stato abbastanza canzonatorio. La giocatrice non ha avuto da ridire: in effetti non era stata disturbata da quelle scene, o comunque non ha dato segni in tal senso. Quindi alla fine son passato un po’ da co****ne. Ho imparato a evitare di fare il paladino non richiesto, e a limitarmi a portare quegli strumenti al tavolo quando io sono il facilitatore della giocata.

Per una certa mentalità ereditata dal passato, il tavolo “è del master”, e se il manuale non lo ha istruito a porsi quei problemi, mi sento a disagio al tavolo a far da cavaliere non richiesto: mi sembra venga visto come un’intromissione nelle sue responsabilità e poteri. Se il manuale fosse stato differente, forse avrei avuto la voglia / forza di dire qualcosa tipo “ma perché non leggiamo insieme la pagina X?”. In questo modo immagino la cosa sarebbe stata vista diversamente.

In quella giocata, comunque, non ci sono state situazioni in cui io personalmente ho sentito la mancanza degli strumenti di sicurezza, situazioni in cui avrei avuto bisogno di usarli. È per come sono abituato: ho sempre giocato molto dark, gritty ecc. Ma probabilmente il me stesso di trent’anni ne avrebbe giovato. Il me stesso di oggi si è sentito molto in imbarazzo, osservando quel tavolo “da fuori”.

Anonimo II: troppe linee e sfuma la voglia di giocare

(Questa persona ha risposto a una mia richiesta sul gruppo Telegram “Segrete e Dragoni”, e abbiamo poi approfondito in privato.)

Una volta facevamo una campagna di Monster of the Week. Eravamo partiti con l’idea di “andarci giù pesante” con il gore e ambientarla durante la Seconda Guerra Mondiale. Il gruppo era il solito di sempre, a parte una persona nuova (che aveva già giocato qualche volta, altrove, con alcuni di noi).

Durante le impostazioni della campagna abbiamo fatto una discussione su Linee e Veli: non usiamo un questionario, solo una conversazione aperta in cui si parte da cosa vorremmo vedere per arrivare a cosa non vorremmo vedere. In genere queste linee e veli non ci danno problemi e li usiamo anche durante le sessioni, se una cosa esce per la prima volta e non era stata chiarita prima.

Ecco, durante le impostazioni questa persona ha iniziato a mettere Linee e Veli su un sacco di cose che riguardavano la violenza e le sue declinazioni. Anche se il tema della campagna, chiaramente horror in un contesto di guerra, era stato chiarito e non aveva fatto obiezioni. Questi paletti che ha messo hanno rovinato il gioco a tutti, e la campagna si è chiusa molto prematuramente.

Qualcuno ha provato con delicatezza, in modo indiretto, a far notare a quella persona la contraddizione. Per esempio, in diverse occasioni le è stato detto: “Ma ti diverti? Sicuro? Perché sembri poco coinvolto… Guarda che non ci offendiamo, i gusti mica sono tutti uguali”. Ma rispondeva sempre che andava tutto bene.

Personalmente mi ha strozzato una scena madre, per così dire: il mio personaggio era riuscito a mettere le mani sulla sua nemesi (sto semplificando), pronto ad una bella tortura perché potevamo finalmente scoprire i suoi piani… Alt! “Eh ma la tortura è pesante… non possiamo dire che questo ci racconta i fatti e basta?”.

Tanti casi come questo (in abbastanza poco tempo) e la voglia di giocare è passata.

Mattia Bulgarelli: se usati male è colpa della persona, che non dovrebbe giocare

(Mattia ha scritto questo discorso sul gruppo Telegram di Morgengabe, e mi ha poi autorizzato a pubblicarlo. Contesto: qualcun altro aveva riferito che esponenti di un’associazione ludica si erano opposti all’uso di Linee, Veli e X-Card ritenendoli dannosi, perché permetterebbero di imporre la propria volontà in modo unilaterale sul tavolo, senza che si possa controbattere.)

Si presuppone che nessuno sia così carogna da usare uno strumento di sicurezza per motivi velleitari. Se lo è, con me non gioca, punto.

Se qualcuno obietta che le persone carogna che giocano per rovinare la partita agli altri esistono… beh, è vero. Però la colpa di aver rovinato la giocata cade su quella persona, non sui sistemi di sicurezza. Per me non esiste gioco che non sia rovinabile da qualcuno che gioca male apposta per rovinare l’esperienza agli altri.



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